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venerdì 27 marzo 2015

Ehilà, c'è qualcuno?

Facciamo un pò di conti, da quant'è che faccio la vita della casalinga disperata? Più o meno cinque mesi? Giorno più, giorno meno siamo lì, cinque mesi passati ad accudire casa e famiglia, cucinando , lavando e rassettando, con lo scrupolo e la costanza che nemmeno Cenerentola nei suoi giorni migliori da emarginata totale ha mai dimostrato.
Cinque mesi che, a dirla tutta, sono volati e che solo ora - e nemmeno tutti i giorni - che la dimensione temporale sta assumendo i termini di un congedo maternità comincio a sentire come leggermente stretta.
Cinque mesi in cui - ho controllato - non ho scritto nemmeno il più piccolo post, fossero anche due righe per fare finta di tenere aggiornato questo blog che leggo solo io e qualcuno che ci finisce per sbaglio (non si spiegherebbe altrimenti la presenza negli analytics di traffico proveniente dalla Russia), come invece mi ero ripromessa di fare nella lista dei buoni propositi, stilata in previsione dell'imminente nuovo status di disoccupata con l'intera giornata a disposizione.
Dopo aver celebrato il mio compleanno e certificato il compimento del mezzo secolo, sono sparita dalle stanze virtuali di Jo come Mina dall'Italia, ma giuro che l'età non ha alcuna correlazione e mai mi è passato per la testa di appendere la tastiera al chiodo perchè mi sento troppo vecchia per certe minchiate (per quelle non si è MAI troppo vecchi): scrivere è e resterà sempre un mio piacere privato, la migliore terapia antiricoglionimento che conosco ed un'efficace cura per l'autostima che da sempre mi accompagna.
La realtà è molto più banale e semplice, il fatto è che mi sono ritrovata piena a dismisura di quegli impegni tipici delle mogli-mamme che ho sempre criticato, non capendo come facessero a protestare per la mancanza di tempo per se stesse, visto che rispetto a me (almeno dal mio punto di vista) avevano molto più tempo per gestire gli impegni casa-famiglia.
Invece no, è proprio qui che sta il tranello: se pensi di avere tutto questo nuovo tempo a disposizione ti senti anche in dovere di riempirlo con nuove incombenze e, se prima avevi la scusa del lavoro che ti impegnava fuori casa 12 ore al giorno, adesso di alibi non ne hai e non puoi pensare di astenerti dal modello #supermom con tutto quello che ne consegue.
Risultato? Amy 2.0 monopolizza le mie giornate ed alimenta la mia ulcera con la sua incompatibilità allo studio, pavimenti e divani hanno improvvisamente necessità di essere ripassati tutti i giorni (mi sono pure comprata una scopa elettrica senza fili per averla sempre pronta all'uso in qualsiasi angolo della casa mi trovi) e mi chiedo come facessi prima a non notarlo, la cucina salutare e dietetica sta diventando una priorità e cucinare tutto in casa una specie di missione santa, la guerra a cibi conservati e veicolo di grassi polinsaturi ha messo al bando ogni genere di merendina preconfezionata, obbligandomi alla preparazione quasi quotidiana di torte e focacce (rigorosamente con lievito madre che va nutrito come un tamagochi sennò muore), lavatrice e ferro da stiro riempiono i momenti rimasti liberi, sia mai che poi mi annoio...
Dimenticavo: come le amiche di Wisteria Lane la mattina vado a fare jogging. Lo faccio quasi sempre, mi piace, mi rilassa e mi carica allo stesso tempo, come la scrittura è un altro momento mio, mi fa stare bene.
Ecco, quest'ultima cosa mi mancherà quando la condizione di casalinga avrà termine, il che mi auguro avvenga entro l'estate, magari con giugno, così le scuole saranno finite e io avrò modo di rilassarmi e smettere di giocare alla moglie di Banderas che fa i biscotti a mano, facendo girare un mulino con la ruota di pietra che credo non esista più nemmeno nel più sperduto villaggio della Basilicata. 
Sveglia Jo! E' ora di togliersi il grembiule e rimettere le scarpe col tacco.

martedì 14 ottobre 2014

Da qui all'eternità, cioè fino a Natale

Uno degli effetti collaterali più frequenti, quando si smette improvvisamente di vivere a 300 all'ora, cercando disperatamente di conciliare lavoro, famiglia, casa, logistica personale (un parrucchiere ogni tanto è un atto di dovuta civiltà) e magari anche qualche piccolo momento d'evasione (un cinema, un teatro, una mostra...quelle cose per cui dopo ti senti in colpa nemmeno ti fossi assentata dagli impegni di mater familias per un mese), è che maturi la sensazione e la convinzione di avere l'eternità a disposizione e, poichè si tratta di una condizione che ti è totalmente sconosciuta, ti ritrovi ad approciarla con l'entusiasmo, l'ingenuità e la rovinosa inesperienza di un adolescente, al quale  i genitori hanno affidato per la prima volta le chiavi di casa e sono partiti per il week-end.
In nemmeno 2 settimane da quando ho salutato il vecchio ufficio sono riuscita a prendere una quantità di impegni che potrebbe bastarmi fino a Natale, perchè lo spirito di Jo non mi abbandona mai e anche se fra poco girerò la boa del mezzo secolo non ho ancora smesso di credere di essere una e trina.
La sensazione dopante che può dare la libertà dagli schemi della consuetudine è devastante e ti avvolge come il canto delle sirene, insinuandoti nella mente che "ecco, hai una seconda possibilità di fare quello che prima non hai fatto", trascurando però di dirti che è - per l'appunto -  UNA seconda possibilità, non TANTE seconde possibilità.
Eccomi qui tutta baldanzosa a giocare il ruolo di madre-premurosa-semprepresente (fra l'altro Amy e Meg non ci sono abituate e mi guardano già di traverso), moglie-superefficiente che si occupa di governare casa in una sorta di ibrido Paola Marella-Ezio Miccio, cuoca-sopraffina che sperimenta portate e pensa di potersi scambiare le ricette con Jamie Oliver e, ovviamente, trainer di una nuova futura figura professionale (data di lancio inizi 2015) che riuscirà a svolgere al meglio il suo ruolo, grazie ad una perfetta preparazione che - guarda un pò - verrà portata avanti  di pari passo con tutto il resto. Sì, lo so, se in questo momento trovassi un quarto d'ora di lucidità per osservarmi dall'esterno probabilmente sarebbe come guardare contemporamente Desperate Housewives, Una mamma per amica, Master Chef Italia e The Apprentice.
D'altra parte bisogna pure mostrare coerenza e mantenere saldi i princìpi perchè, anche nel cambiamento più radicale, la propria natura venga rispettata e in questo - ne sono certa - non mi batte batte nessuno. Basta organizzarsi, no?
Quindi per non farsi mancare nulla e non rilassarsi troppo ho ben pensato di iscrivermi anche ad un corso on-line per apprendere segreti e peculiarità del fare marketing nelle aziende di moda e del lusso (voglio proprio vedere che cosa scopro di diverso da televisori ed ammenicoli elettronici vari con cui mi sono trastullata sinora) che mi terrà occupata per un mesetto, ascoltando videolezioni, interagendo con la classe e svolgendo compiti assegnati nei termini stabiliti.
Così la sera potrò ancora collassare sul divano sfinita, con gli ultimi neuroni che sventolano bandiera bianca e mi pregano di non aprire il libro per rileggere per la decima volta pagina 23.
Perchè tanto mi addormenterò alle prime tre righe, esattamente come ho sempre fatto.

venerdì 26 settembre 2014

L'ultimo giorno della prima parte della mia vita

Stamattina mentre facevo colazione ho pensato "oggi sarà l'ultimo giorno in cui, andando in ufficio, farò tutta una serie di cose che fanno parte della mia vita quotidiana praticamente da sempre".

Assurdamente (o forse sensatamente?) l'elenco che mi sono fatta non comprende quasi nulla che abbia a che fare con attività da supermanager di alto profilo e questo mi ha riempito il cuore di una ventata di aria fresca. Nell'ordine ecco quello che ho pensato:

Non litigherò più con il telecomando che apre la sbarra in uscita anzichè quella in ingresso
Non smoccolerò perchè l'ascensore è al -1 in salita e devo aspettare che arrivi al sesto e ritorni, fermandosi una media di 5 min a piano
Non accenderò più il PC e non andrò in bagno a lavare gli occhiali perchè, per uno strana congettura astrale, mi accorgo che sono lerci appena varco la soglia dell'ufficio
Non sentirò più sbraitare il mio nome alle spalle mentre al telefono sto dicendo che non ci sono 
Non dovrò più cercare di star seria tutte le volte che una riunione inizia con un "Siccome che..."
Non mi lamenterò più perchè andare in bagno a lavarsi i denti dopo pranzo quasi sempre è più impegnativo di una prova per diventare Navy Seal, ma senza il supporto della maschera antigas
Non aprirò più di nascosto la finestra con la maniglia sottratta impropriamente alla manutenzione con il rischio di provocare la bora sull'intero piano
Non dovrò nemmeno più cercare di controllare i muscoli facciali perchè non assumano un'espressione da "penso che tua sia un cretino" durante i marketing meeting
Non lascerò mai più a piedi un presidente 2 volte di seguito in meno di tre mesi
Non penserò più di rischiare la galera per aver sottostimato il potere dei freedrink come call-to-action sul pubblico atteso per un evento
Probabilmente non dormirò nemmeno più in camera tripla pur avendo abbondantemente superato l'età del college
Sicuramente non lo farò più trasportando il letto da una camera all'altra, in pigiama e ciabatte,  insieme ad un facchino cingalese in piena notte

Mi sarebbe piaciuto scrivere che stanotte non ho chiuso occhio pensando a tutto questo, ma non è così, perchè ho dormito benissimo e meglio degli altri giorni.
Sarebbe poetico pensare che mi sento triste all'idea di lasciare, ma nemmeno questo è vero, perchè non mi sento triste affatto. 
Mi mancheranno tutte le piccole stupide quotidianità di questa lunga relazione, che ricordo di più e meglio dei progetti più importanti che ho fatto, ma questo non mi provoca tristezza perchè fanno parte del mio passato e del mio vissuto e stanno lì, insieme al ricordo del primo bacio, delle carote estratte dalla terra insieme a mio zio, del primo giorno di scuola, del momento in cui ho visto le mie figlie per la prima volta o ho parlato con mio padre per l'ultima...
Mia nonna mi diceva che quando si chiude la porta bisognerebbe farlo dandogli le spalle e non guardandola, perchè quel che c'è dietro già lo sai e devi guardare a quello che ancora non conosci. 
Non so se sia vero per tutti, so per certo che è vero per me.


martedì 16 settembre 2014

Non sei (il) solo Luca

Caro Luca, come stai?

Ho saputo del tuo licenziamento e ti scrivo dalle pagine del mio blog per esprimerti la mia solidarietà e tutto il mio conforto (tranquillo, non se lo legge proprio nessuno). 
So cosa stai provando adesso, perché anche io condivido la tua situazione (certo, con qualche differenza sul bonus di uscita, ma non stiamo a guardare il pelo nell’uovo...), ma non ti devi abbattere e devi cercare di vivere questo momento come un’opportunità, come sto facendo io, magari prendendoti una pausa di riflessione.
Per quanto mi riguarda ho dato una frenata così forte a luglio, che adesso non riesco a ripartire. Mi sento come un TIR a pieno carico che prova a sgommare per partire a 100 all’ora, con l’unico risultato di lasciare i copertoni sull’asfalto per muovermi non più di qualche metro.  Metaforicamente parlando, sto in una specie di limbo dai rumori attutiti, confusa da una miriade di forme e colori dalle sfumature più svariate, con l’atteggiamento da rilassata osservatrice sotto l’effetto di stupefacenti non ben identificati.  Capita anche a te o vedi sempre tutto solo rosso?
La cosa strana è che la fine di una relazione di lunga durata, seppure di  natura professionale, dovrebbe portare a un minimo di scompenso, senso di ansia da incertezze future e via dicendo, ma io non avverto nulla di simile e comincio a chiedermi se sia normale che – dopo aver vissuto gli ultimi 10 anni a 300 all’ora in corsia di sorpasso, con i livelli di adrenalina costantemente sopra il limite e la sensazione di affogare come la quotidiana normalità – mi possa essere così facilmente disintossicata dalla sindrome da Dea Khali che mi ha contraddistinta dentro e fuori dall’ufficio. 
Che effetto fa a te che la velocità era il tuo business e adesso ti devi accontentare del rumore del traffico della tangenziale (o forse no, non penso che guidiamo la stessa auto...)?
Non so te, ma io sono in stato confusionale perché non mi riconosco più. Presa la decisione di concedermi un intero mese di vacanza (cosa che non accadeva dalla maternità di Amy 2.0) un po’ per senso di ripicca, lo ammetto (del genere “arrangiatevi un po’ adesso!”), sprofondata in un format vacanziero dove il planning massimo era pensare a cosa infilare nella borsa di paglia e controllare se nel frigo c’era ancora latte per la colazione, devo aver subito una specie di mutazione genetica  che è ancora adesso in atto. Non più bruco, ma nemmeno farfalla, me ne sto bella tranquilla nel mio bozzolo ad osservare quello che fino a poco prima costituiva il mio mondo esterno e tutto ciò che pensavo come irrinunciabile, con la distaccata superiorità di chi sa ormai di non appartenervi più e sta già guardando ad altri orizzonti (sono sincera, non che si veda granchè sinora, ma almeno per ora va bene così). 
Tu hai già iniziato a guardarti in giro o stai ancora pensando a come investire la liquidazione?
Io, rientrata alla scrivania per le ultime settimane nel mio ruolo da castellana della comunicazione di un regno decaduto, faccio fatica a ri-ribaltare (no, non è un errore di battitura, intendo proprio ribaltare il ribaltato) la scala delle priorità della mia giornata, così mi ritrovo ad esempio in un marketing meeting a pensare se per cena siano meglio i calamari con la verdura saltata nel wok (..azz.., mi manca il porro!) o gli spaghetti gamberi e zucchine. E credimi, non è un dilemma da poco, anzi merita più attenzione dei dati di mercato che dovrei tenere in debita considerazione per lo sviluppo del nuovo piano promozionale, ma i cui risultati – per inciso – non sarò nemmeno più qui a valutare e che quindi mi interessano tanto quanto sapere chi sia la neoeletta Miss Italia.
Lo so cosa pensi e hai ragione, mi spiace che tu non abbia la minima idea di come si cucini un porro e non ti puoi neppure distrarre con questo pensiero, ma magari puoi pensare a quale cravatta di Marinella ancora ti manca nella cabina armadio, così tanto per passare il tempo e prenderti una pausa di riflessione.
Tanto lo sappiamo che così non può durare e che fra un po’ sentiremo nuovamente il richiamo del capitalismo e di tutte le sue regole, ma per quanto mi riguarda la terapia estiva ha fatto davvero effetto e la cura disintossicante dovrebbe garantirmi copertura per almeno un altro paio di mesi, nei quali mi potrò dedicare ad attività più serie, come andare al mercato a contrattare il prezzo dei carciofi o discutere con le altre mamme al corso di ginnastica artistica, del fatto che sia meglio il body con le stelle in rilievo perché in foto rende di più. 
Magari tu puoi distrarti con la beneficenza, nel caso ti avanzi qualche spicciolo dal bonus (scusa se batto ancora su questo chiodo, ma che vuoi, ne hanno talmente parlato tutti, male-male non ti è andata, no?):  ti sistema subito la coscienza nel caso tu abbia qualche carognata da farti perdonare e fa sempre tanto filantropo illuminato alla Bill Gates…
Fatti coraggio e cerca di stare su, vedrai che qualcosa salta fuori: non avremo più l’età per fare stage ma, come si dice, l’esperienza è ancora un bel valore da portare in azienda e, se sei stato furbo, avrai ben carpito ai meccanici qualche segreto durante i pit-stop e i cambio gomme. Non storcere il naso, chè meccanici ed idraulici sono più ricercati di un cardiochirurgo (te lo dice una che sta con il rubinetto che perde da un anno).

Se poi dovesse mettersi proprio male, puoi sempre pensare di investire un’altra piccola quota della tua buonuscita (sono petulante dici?) per comprare il campo di porri che sta dietro casa mia, così tu potrai tornare a fare l’AD di un’azienda agricola (magari la chiamiamoa Bio start-up, così è già pronta per essere quotata in borsa) e io – se proprio non ti serve una responsabile del marketing communication – posso sempre venire a casa tua per cucinarti un tortino di porri.

Con tanta stima e rispetto, la tua affezionata Jo.

mercoledì 4 giugno 2014

A lezione di marketing dal mio panettiere

Sabato mattina Romano, il mio panettiere, aveva un cartello appeso in vetrina: 
“1 lit di latte in omaggio con l’acquisto di 1 Kg di pane speciale”.
Stamattina ho aperto gli occhi e questo è stato il primo pensiero che mi è passato per la testa. Sarà che ero più dolorante del solito, con questa maledetta cervicale che mi perseguita e la consapevolezza che l’appuntamento dall’osteopata ancora una volta è stato rimandato perché c’è sempre qualcosa di più urgente che si sovrappone (la festa di fine anno della scuola, una riunione improvvisa, la convocazione di un’assemblea straordinaria per le scuole medie del prossimo anno…). Comunque, mi sono svegliata e – con il pensiero del cartello di Romano in testa - ho sorriso subito dopo aver aperto gli occhi, mentre una piacevole sensazione positiva si allargava fino a solleticarmi le dita dei piedi. Non c’era nulla di diverso dagli altri giorni, ma la luce che filtrava dalle imposte, le voci che arrivavano dalla cucina insieme all’odore del caffè, il gatto che miagolava davanti alla porta della camera da letto perché voleva entrare, mi hanno fatto pensare qualcosa che dovrei pensare più spesso, cioè che ho tutto quello di cui ho bisogno e che mi complico la vita alla ricerca di formule che mi possano garantire felicità. E’ tutto lì, nel cartello della promozione di Romano.

Mi sono svegliata filosofa-tantrica? Non credo proprio vedendo quanto ancora riesco ad incazzarmi per un nonnulla, ma mi rendo conto di come tutto quello che fino a ieri aveva costituito la mia vita professionale (e quindi di riflesso quella privata) fissando punti di riferimento, convinzioni e certezze, si stia sgretolando ogni giorno di più, lasciando entrare la luce della consapevolezza che questo non sia per niente un momento negativo, ma il principio di una nuova e migliore fase della mia vita. E magari una vita lavorativa, per intenderci, dove non sprechi un terzo delle tue giornate giustificando e dando un senso ad attività promozionali che tu non avresti mai deciso, che di senso non ne hanno e che – soprattutto – sai già che falliranno e quindi il tuo compito diventa  quello di metterci più di una pezza, tamponando le falle dove si aprono, confrontandoti con cervelli che, a livello di sviluppo, non sono un dito oltre lo stadio embrionale e che, proprio per questa ragione, occupano ruoli strategici da cosiddetti “decision maker” dall’apparente importante incarico di #creare burocrazia laddove non serve e #complicare processi di una semplicità basilare.
Perché, diciamocelo pure, la più grande invenzione di marketing è il marketing stesso, che ci ha fatto credere e fa credere ancora che per vendere un prodotto serva la conoscenza strategica di elementi di antropologia, economia internazionale, alta finanza e tecniche di negoziazione, il tutto condito da un glossario di termini inglesi (possibilmente acronimi) di cui i più ignorano completamente il significato (io stessa dopo 25 anni ancora non sono certa di cosa sia davvero un grp) ed avvalorato da altisonanti titoli accademici presi a suon di migliaia di euro per ogni anno di iscrizione: conosco giovani colleghi sui quali i genitori hanno investito cifre che definirei “considerevoli” per farne dei novelli marketing manager, che probabilmente sarebbero bastate a sfamare i bambini del Burkina Faso fino alla fine del nuovo secolo. Il che, a mio dire, si sarebbe rivelato un investimento più intelligente ed oculato, visti i risultati scarsi e la totale incapacità dell’uso puntuale del congiuntivo da parte di queste creaturine stereotipate.

Stamattina, nella penombra della mia camera, sorridevo immaginando Romano - 120 Kg d’uomo dal passo lento, che quando non panifica gira per il paese in cerca di immagini da fermare con la sua Leica appesa al collo – convocare la sorella ed il congolese che lo aiutano al forno per una riunione strategica sul business plan del prossimo trimestre e discutere – dati oggettivi e ricerche di mercato alla mano – le azioni da intraprendere per favorire una rotazione più rapida delle pagnotte multicereali rispetto al pane comune, i canali sui quali attivarle, il periodo interessato e l’incidenza del costo relativo sul marginal profit del totale product mix…
Magari sabato, quando torno a prendere la mia scorta di michette, provo a chiedergli se ha voglia di condividere quanto ha stimato di ROI (significa Return on Investment, non fate finta di saperlo).

mercoledì 21 maggio 2014

Il potere occulto della Nutella

Ci sono molte cose che possono farti cadere in tentazione e cancellare in meno di un nanosecondo mesi di sofferenze imposte da una dieta che nemmeno Pannella riuscirebbe a sostenere: mezzo chilo di sushi trangugiato a pranzo pensando che non abbia calorie, il banco del bistrot dove la collega (bastarda) ti ha trascinato il venerdì pomeriggio per l'happy hour, gli spaghetti alla chitarra della suocera la domenica dopo che hai dormito fino a mezzogiorno…Una però è davvero diabolica e a mio parere andrebbe classificata come sostanza stupefacente, al pari della cannabis o dei funghi peyote. Sono arrivata a questa conclusione non tanto dopo anni di consumo (moderato, genere “smetto quando voglio”), ma dopo aver tentato più volte ed inutilmente di fabbricarla in casa. Adesso mi spiego.
Anche quest’anno a Pasqua è arrivato in dono dalla grande concessionaria un mega-uovo di cioccolata, un evento sempre festeggiato con grande entusiasmo dall’intera famiglia perché rassicura che potremo anche morire di fame, ma lo faremo avendo tutte le endorfine cariche fino all’ultimo giorno.
Ora, per quanto ti possa piacere il cioccolato, mangiarne 5 kg prima che inacidisca non è un’impresa semplice per nessuno, perciò ogni anno, nei mesi immediatamente seguenti all'arrivo dell'uovo, la cucina è tutta un profumo che si sprigiona da forno e fornelli, grazie alla produzione in serie di torte al cioccolato di diversa esecuzione, mousse e budini, fino anche solo al cioccolato sciolto per accompagnare la fonduta di frutta. Quest’anno, per cambiare, mi è venuta la malsana idea di proporre ad Amy 2.0 (la bambina più onnivora di tutto l'universo criato, come direbbe il grande Camilleri) “proviamo a fare la Nutella?” Domanda idiota, perché Amy 2.0 è una specie di squalo che divora ogni genere commestibile, con pochissime esclusioni, e nemmeno il tempo di aspettare la risposta aveva già fra le mani la scatola contenente i resti dell’uovo, dopo che questi era stato preso a martellate per cavarne la sorpresa. Il passo successivo è stato documentarsi fra i blog di cucina: ho trovato un miliardo di ricette e fra queste ho selezionato quelle di più semplice esecuzione, poi come sempre le ho mischiate fra loro tirandone fuori una versione “jo-style” e mi sono messa all’opera. Tempo di preparazione relativamente breve, il prodotto finale però era una buonissima crema al cioccolato (molto cioccolato, forse troppo), che però non aveva nulla a che vedere con l’originale.
Ovviamente nell’arco di 3 giorni non ne era rimasto nemmeno un grammo, manco fossero passate le cavallette, e siccome Amy 2.0 ci ha preso gusto ("è MOOLTO più buona questa!”), nelle ultime 3 settimane l’ho rifatta almeno 5 volte, variando ogni volta le proporzioni degli ingredienti. Una volta meno cioccolato, una volta più nocciole, più latte, un pò meno olio, con lo zucchero semolato, no meglio quello vanigliato…ho perfino cambiato strumento, passando dal mixer grande, attraverso il frullatore, fino al mixer fine…
Conclusione: come narco-chef non valgo niente, non c’è verso di arrivare a quel sapore e quella consistenza che ti fa sbavare come un bobtail cui passano il barattolo sotto il naso. Perchè la Nutella ha un che di mistico, capace di farti passare dal paradiso all'inferno in quel breve lasso di tempo che passa fra lo stato di estasi olfattivo-gustativo più totale e il momento in cui ti accorgi di averne mangiato 10 cucchiai da minestra e il bruciore alla lingua si fa strada inesorabile.
Da qui una serie di considerazioni:
1 che cavolo c'è in quel barattolo oltre agli ingredienti dichiarati sull'etichetta?
2 come mai a nessuno è mai  venuto in mente di chiedere la IGP?
3 come mai non è ancora stata dichiarata illegale (storicamente tutto quello che provoca piacere lo è)?

Mi rendo conto che questo è un post di assoluta inutilità, ma mi piacerebbe sapere se questi dubbi ce li ho solo io o se li è posti qualcun altro.
Dopodichè sono altrettanto consapevole che queste domande resteranno senza  risposta e che il segreto della Nutella rimarrà inviolato in eterno come il terzo mistero di Fatima.