Caro Luca, come stai?
Ho saputo del tuo licenziamento e ti scrivo dalle pagine del
mio blog per esprimerti la mia solidarietà e tutto il
mio conforto (tranquillo, non se lo legge proprio nessuno).
So cosa stai provando adesso, perché anche io condivido la tua
situazione (certo, con qualche differenza sul bonus di uscita, ma non stiamo a
guardare il pelo nell’uovo...), ma non ti devi abbattere e devi cercare di vivere
questo momento come un’opportunità, come sto facendo io, magari prendendoti una pausa di riflessione.
Per quanto mi riguarda ho dato una frenata così forte a
luglio, che adesso non riesco a ripartire. Mi sento come un TIR a pieno carico
che prova a sgommare per partire a 100 all’ora, con l’unico risultato di
lasciare i copertoni sull’asfalto per muovermi non più di qualche metro. Metaforicamente parlando, sto in una specie
di limbo dai rumori attutiti, confusa da una miriade di forme e colori dalle
sfumature più svariate, con l’atteggiamento da rilassata osservatrice sotto
l’effetto di stupefacenti non ben identificati.
Capita anche a te o vedi sempre tutto solo rosso?
La cosa strana è che la fine di una relazione di
lunga durata, seppure di natura
professionale, dovrebbe portare a un minimo di scompenso, senso di ansia da
incertezze future e via dicendo, ma io non avverto nulla di simile e comincio a chiedermi se sia normale che – dopo aver vissuto gli ultimi 10 anni
a 300 all’ora in corsia di sorpasso, con i livelli di adrenalina costantemente
sopra il limite e la sensazione di affogare come la quotidiana normalità – mi
possa essere così facilmente disintossicata dalla sindrome da Dea Khali che mi
ha contraddistinta dentro e fuori dall’ufficio.
Che effetto fa a te che la
velocità era il tuo business e adesso ti devi accontentare del rumore del
traffico della tangenziale (o forse no, non penso che guidiamo la stessa auto...)?
Non so te, ma io sono in stato confusionale perché non mi
riconosco più. Presa la decisione di concedermi un intero mese di vacanza (cosa che
non accadeva dalla maternità di Amy 2.0) un po’ per senso di ripicca, lo
ammetto (del genere “arrangiatevi un po’ adesso!”), sprofondata in un format
vacanziero dove il planning massimo era pensare a cosa infilare nella borsa di
paglia e controllare se nel frigo c’era ancora latte per la colazione, devo
aver subito una specie di mutazione genetica
che è ancora adesso in atto. Non più bruco, ma nemmeno farfalla, me ne
sto bella tranquilla nel mio bozzolo ad osservare quello che fino a poco prima costituiva
il mio mondo esterno e tutto ciò che pensavo come irrinunciabile, con la
distaccata superiorità di chi sa ormai di non appartenervi più e sta già
guardando ad altri orizzonti (sono sincera, non che si veda granchè sinora, ma almeno per ora va bene così).
Tu
hai già iniziato a guardarti in giro o stai ancora pensando a come investire la
liquidazione?
Io, rientrata alla scrivania per le ultime settimane nel mio
ruolo da castellana della comunicazione di un regno decaduto, faccio fatica a
ri-ribaltare (no, non è un errore di battitura, intendo proprio ribaltare il
ribaltato) la scala delle priorità della mia giornata, così mi ritrovo ad esempio in un marketing meeting a pensare se per cena siano meglio i calamari con la verdura
saltata nel wok (..azz.., mi manca il porro!) o gli spaghetti gamberi e
zucchine. E credimi, non è un dilemma da poco, anzi merita più
attenzione dei dati di mercato che
dovrei tenere in debita considerazione per lo sviluppo del nuovo piano
promozionale, ma i cui risultati – per inciso – non sarò nemmeno più qui a
valutare e che quindi mi interessano tanto quanto sapere chi sia la neoeletta Miss
Italia.
Lo so cosa pensi e hai ragione, mi spiace che tu non abbia
la minima idea di come si cucini un porro e non ti puoi neppure distrarre con
questo pensiero, ma magari puoi pensare a quale cravatta di Marinella ancora ti
manca nella cabina armadio, così tanto per passare il tempo e prenderti una
pausa di riflessione.
Tanto lo sappiamo che così non può durare e che fra un po’ sentiremo
nuovamente il richiamo del capitalismo e di tutte le sue regole, ma per quanto
mi riguarda la terapia estiva ha fatto davvero effetto e la cura disintossicante
dovrebbe garantirmi copertura per almeno un altro paio di mesi, nei quali mi
potrò dedicare ad attività più serie, come andare al mercato a contrattare il
prezzo dei carciofi o discutere con le altre mamme al corso di ginnastica
artistica, del fatto che sia meglio il body con le stelle in rilievo perché in
foto rende di più.
Magari tu puoi distrarti con la beneficenza, nel caso ti
avanzi qualche spicciolo dal bonus (scusa se batto ancora su questo chiodo, ma
che vuoi, ne hanno talmente parlato tutti, male-male non ti è andata,
no?): ti sistema subito la coscienza nel caso tu abbia qualche carognata da farti perdonare e fa sempre tanto
filantropo illuminato alla Bill Gates…
Fatti coraggio e cerca di stare su, vedrai che qualcosa
salta fuori: non avremo più l’età per fare stage ma, come si dice, l’esperienza
è ancora un bel valore da portare in azienda e, se sei stato furbo, avrai ben carpito ai meccanici qualche segreto durante i pit-stop e i cambio gomme. Non storcere il naso, chè meccanici ed idraulici sono più ricercati di un cardiochirurgo (te lo dice una che sta con il rubinetto che perde da un anno).
Se poi dovesse mettersi proprio male, puoi sempre pensare di investire un’altra piccola quota della tua buonuscita (sono petulante dici?) per comprare il campo di porri che sta dietro casa mia, così tu potrai tornare a fare l’AD di un’azienda agricola (magari la chiamiamoa Bio start-up, così è già pronta per essere quotata in borsa) e io – se proprio non ti serve una responsabile del marketing communication – posso sempre venire a casa tua per cucinarti un tortino di porri.
Con tanta stima e rispetto, la tua affezionata Jo.
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