venerdì 26 settembre 2014

L'ultimo giorno della prima parte della mia vita

Stamattina mentre facevo colazione ho pensato "oggi sarà l'ultimo giorno in cui, andando in ufficio, farò tutta una serie di cose che fanno parte della mia vita quotidiana praticamente da sempre".

Assurdamente (o forse sensatamente?) l'elenco che mi sono fatta non comprende quasi nulla che abbia a che fare con attività da supermanager di alto profilo e questo mi ha riempito il cuore di una ventata di aria fresca. Nell'ordine ecco quello che ho pensato:

Non litigherò più con il telecomando che apre la sbarra in uscita anzichè quella in ingresso
Non smoccolerò perchè l'ascensore è al -1 in salita e devo aspettare che arrivi al sesto e ritorni, fermandosi una media di 5 min a piano
Non accenderò più il PC e non andrò in bagno a lavare gli occhiali perchè, per uno strana congettura astrale, mi accorgo che sono lerci appena varco la soglia dell'ufficio
Non sentirò più sbraitare il mio nome alle spalle mentre al telefono sto dicendo che non ci sono 
Non dovrò più cercare di star seria tutte le volte che una riunione inizia con un "Siccome che..."
Non mi lamenterò più perchè andare in bagno a lavarsi i denti dopo pranzo quasi sempre è più impegnativo di una prova per diventare Navy Seal, ma senza il supporto della maschera antigas
Non aprirò più di nascosto la finestra con la maniglia sottratta impropriamente alla manutenzione con il rischio di provocare la bora sull'intero piano
Non dovrò nemmeno più cercare di controllare i muscoli facciali perchè non assumano un'espressione da "penso che tua sia un cretino" durante i marketing meeting
Non lascerò mai più a piedi un presidente 2 volte di seguito in meno di tre mesi
Non penserò più di rischiare la galera per aver sottostimato il potere dei freedrink come call-to-action sul pubblico atteso per un evento
Probabilmente non dormirò nemmeno più in camera tripla pur avendo abbondantemente superato l'età del college
Sicuramente non lo farò più trasportando il letto da una camera all'altra, in pigiama e ciabatte,  insieme ad un facchino cingalese in piena notte

Mi sarebbe piaciuto scrivere che stanotte non ho chiuso occhio pensando a tutto questo, ma non è così, perchè ho dormito benissimo e meglio degli altri giorni.
Sarebbe poetico pensare che mi sento triste all'idea di lasciare, ma nemmeno questo è vero, perchè non mi sento triste affatto. 
Mi mancheranno tutte le piccole stupide quotidianità di questa lunga relazione, che ricordo di più e meglio dei progetti più importanti che ho fatto, ma questo non mi provoca tristezza perchè fanno parte del mio passato e del mio vissuto e stanno lì, insieme al ricordo del primo bacio, delle carote estratte dalla terra insieme a mio zio, del primo giorno di scuola, del momento in cui ho visto le mie figlie per la prima volta o ho parlato con mio padre per l'ultima...
Mia nonna mi diceva che quando si chiude la porta bisognerebbe farlo dandogli le spalle e non guardandola, perchè quel che c'è dietro già lo sai e devi guardare a quello che ancora non conosci. 
Non so se sia vero per tutti, so per certo che è vero per me.


martedì 16 settembre 2014

Non sei (il) solo Luca

Caro Luca, come stai?

Ho saputo del tuo licenziamento e ti scrivo dalle pagine del mio blog per esprimerti la mia solidarietà e tutto il mio conforto (tranquillo, non se lo legge proprio nessuno). 
So cosa stai provando adesso, perché anche io condivido la tua situazione (certo, con qualche differenza sul bonus di uscita, ma non stiamo a guardare il pelo nell’uovo...), ma non ti devi abbattere e devi cercare di vivere questo momento come un’opportunità, come sto facendo io, magari prendendoti una pausa di riflessione.
Per quanto mi riguarda ho dato una frenata così forte a luglio, che adesso non riesco a ripartire. Mi sento come un TIR a pieno carico che prova a sgommare per partire a 100 all’ora, con l’unico risultato di lasciare i copertoni sull’asfalto per muovermi non più di qualche metro.  Metaforicamente parlando, sto in una specie di limbo dai rumori attutiti, confusa da una miriade di forme e colori dalle sfumature più svariate, con l’atteggiamento da rilassata osservatrice sotto l’effetto di stupefacenti non ben identificati.  Capita anche a te o vedi sempre tutto solo rosso?
La cosa strana è che la fine di una relazione di lunga durata, seppure di  natura professionale, dovrebbe portare a un minimo di scompenso, senso di ansia da incertezze future e via dicendo, ma io non avverto nulla di simile e comincio a chiedermi se sia normale che – dopo aver vissuto gli ultimi 10 anni a 300 all’ora in corsia di sorpasso, con i livelli di adrenalina costantemente sopra il limite e la sensazione di affogare come la quotidiana normalità – mi possa essere così facilmente disintossicata dalla sindrome da Dea Khali che mi ha contraddistinta dentro e fuori dall’ufficio. 
Che effetto fa a te che la velocità era il tuo business e adesso ti devi accontentare del rumore del traffico della tangenziale (o forse no, non penso che guidiamo la stessa auto...)?
Non so te, ma io sono in stato confusionale perché non mi riconosco più. Presa la decisione di concedermi un intero mese di vacanza (cosa che non accadeva dalla maternità di Amy 2.0) un po’ per senso di ripicca, lo ammetto (del genere “arrangiatevi un po’ adesso!”), sprofondata in un format vacanziero dove il planning massimo era pensare a cosa infilare nella borsa di paglia e controllare se nel frigo c’era ancora latte per la colazione, devo aver subito una specie di mutazione genetica  che è ancora adesso in atto. Non più bruco, ma nemmeno farfalla, me ne sto bella tranquilla nel mio bozzolo ad osservare quello che fino a poco prima costituiva il mio mondo esterno e tutto ciò che pensavo come irrinunciabile, con la distaccata superiorità di chi sa ormai di non appartenervi più e sta già guardando ad altri orizzonti (sono sincera, non che si veda granchè sinora, ma almeno per ora va bene così). 
Tu hai già iniziato a guardarti in giro o stai ancora pensando a come investire la liquidazione?
Io, rientrata alla scrivania per le ultime settimane nel mio ruolo da castellana della comunicazione di un regno decaduto, faccio fatica a ri-ribaltare (no, non è un errore di battitura, intendo proprio ribaltare il ribaltato) la scala delle priorità della mia giornata, così mi ritrovo ad esempio in un marketing meeting a pensare se per cena siano meglio i calamari con la verdura saltata nel wok (..azz.., mi manca il porro!) o gli spaghetti gamberi e zucchine. E credimi, non è un dilemma da poco, anzi merita più attenzione dei dati di mercato che dovrei tenere in debita considerazione per lo sviluppo del nuovo piano promozionale, ma i cui risultati – per inciso – non sarò nemmeno più qui a valutare e che quindi mi interessano tanto quanto sapere chi sia la neoeletta Miss Italia.
Lo so cosa pensi e hai ragione, mi spiace che tu non abbia la minima idea di come si cucini un porro e non ti puoi neppure distrarre con questo pensiero, ma magari puoi pensare a quale cravatta di Marinella ancora ti manca nella cabina armadio, così tanto per passare il tempo e prenderti una pausa di riflessione.
Tanto lo sappiamo che così non può durare e che fra un po’ sentiremo nuovamente il richiamo del capitalismo e di tutte le sue regole, ma per quanto mi riguarda la terapia estiva ha fatto davvero effetto e la cura disintossicante dovrebbe garantirmi copertura per almeno un altro paio di mesi, nei quali mi potrò dedicare ad attività più serie, come andare al mercato a contrattare il prezzo dei carciofi o discutere con le altre mamme al corso di ginnastica artistica, del fatto che sia meglio il body con le stelle in rilievo perché in foto rende di più. 
Magari tu puoi distrarti con la beneficenza, nel caso ti avanzi qualche spicciolo dal bonus (scusa se batto ancora su questo chiodo, ma che vuoi, ne hanno talmente parlato tutti, male-male non ti è andata, no?):  ti sistema subito la coscienza nel caso tu abbia qualche carognata da farti perdonare e fa sempre tanto filantropo illuminato alla Bill Gates…
Fatti coraggio e cerca di stare su, vedrai che qualcosa salta fuori: non avremo più l’età per fare stage ma, come si dice, l’esperienza è ancora un bel valore da portare in azienda e, se sei stato furbo, avrai ben carpito ai meccanici qualche segreto durante i pit-stop e i cambio gomme. Non storcere il naso, chè meccanici ed idraulici sono più ricercati di un cardiochirurgo (te lo dice una che sta con il rubinetto che perde da un anno).

Se poi dovesse mettersi proprio male, puoi sempre pensare di investire un’altra piccola quota della tua buonuscita (sono petulante dici?) per comprare il campo di porri che sta dietro casa mia, così tu potrai tornare a fare l’AD di un’azienda agricola (magari la chiamiamoa Bio start-up, così è già pronta per essere quotata in borsa) e io – se proprio non ti serve una responsabile del marketing communication – posso sempre venire a casa tua per cucinarti un tortino di porri.

Con tanta stima e rispetto, la tua affezionata Jo.