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venerdì 27 marzo 2015

Ehilà, c'è qualcuno?

Facciamo un pò di conti, da quant'è che faccio la vita della casalinga disperata? Più o meno cinque mesi? Giorno più, giorno meno siamo lì, cinque mesi passati ad accudire casa e famiglia, cucinando , lavando e rassettando, con lo scrupolo e la costanza che nemmeno Cenerentola nei suoi giorni migliori da emarginata totale ha mai dimostrato.
Cinque mesi che, a dirla tutta, sono volati e che solo ora - e nemmeno tutti i giorni - che la dimensione temporale sta assumendo i termini di un congedo maternità comincio a sentire come leggermente stretta.
Cinque mesi in cui - ho controllato - non ho scritto nemmeno il più piccolo post, fossero anche due righe per fare finta di tenere aggiornato questo blog che leggo solo io e qualcuno che ci finisce per sbaglio (non si spiegherebbe altrimenti la presenza negli analytics di traffico proveniente dalla Russia), come invece mi ero ripromessa di fare nella lista dei buoni propositi, stilata in previsione dell'imminente nuovo status di disoccupata con l'intera giornata a disposizione.
Dopo aver celebrato il mio compleanno e certificato il compimento del mezzo secolo, sono sparita dalle stanze virtuali di Jo come Mina dall'Italia, ma giuro che l'età non ha alcuna correlazione e mai mi è passato per la testa di appendere la tastiera al chiodo perchè mi sento troppo vecchia per certe minchiate (per quelle non si è MAI troppo vecchi): scrivere è e resterà sempre un mio piacere privato, la migliore terapia antiricoglionimento che conosco ed un'efficace cura per l'autostima che da sempre mi accompagna.
La realtà è molto più banale e semplice, il fatto è che mi sono ritrovata piena a dismisura di quegli impegni tipici delle mogli-mamme che ho sempre criticato, non capendo come facessero a protestare per la mancanza di tempo per se stesse, visto che rispetto a me (almeno dal mio punto di vista) avevano molto più tempo per gestire gli impegni casa-famiglia.
Invece no, è proprio qui che sta il tranello: se pensi di avere tutto questo nuovo tempo a disposizione ti senti anche in dovere di riempirlo con nuove incombenze e, se prima avevi la scusa del lavoro che ti impegnava fuori casa 12 ore al giorno, adesso di alibi non ne hai e non puoi pensare di astenerti dal modello #supermom con tutto quello che ne consegue.
Risultato? Amy 2.0 monopolizza le mie giornate ed alimenta la mia ulcera con la sua incompatibilità allo studio, pavimenti e divani hanno improvvisamente necessità di essere ripassati tutti i giorni (mi sono pure comprata una scopa elettrica senza fili per averla sempre pronta all'uso in qualsiasi angolo della casa mi trovi) e mi chiedo come facessi prima a non notarlo, la cucina salutare e dietetica sta diventando una priorità e cucinare tutto in casa una specie di missione santa, la guerra a cibi conservati e veicolo di grassi polinsaturi ha messo al bando ogni genere di merendina preconfezionata, obbligandomi alla preparazione quasi quotidiana di torte e focacce (rigorosamente con lievito madre che va nutrito come un tamagochi sennò muore), lavatrice e ferro da stiro riempiono i momenti rimasti liberi, sia mai che poi mi annoio...
Dimenticavo: come le amiche di Wisteria Lane la mattina vado a fare jogging. Lo faccio quasi sempre, mi piace, mi rilassa e mi carica allo stesso tempo, come la scrittura è un altro momento mio, mi fa stare bene.
Ecco, quest'ultima cosa mi mancherà quando la condizione di casalinga avrà termine, il che mi auguro avvenga entro l'estate, magari con giugno, così le scuole saranno finite e io avrò modo di rilassarmi e smettere di giocare alla moglie di Banderas che fa i biscotti a mano, facendo girare un mulino con la ruota di pietra che credo non esista più nemmeno nel più sperduto villaggio della Basilicata. 
Sveglia Jo! E' ora di togliersi il grembiule e rimettere le scarpe col tacco.

giovedì 12 giugno 2014

Morire (adesso) conviene

Si fa un bel dire che la pubblicità dinamica non funziona più. 
Stamattina ho rischiato di stamparmi in tangenziale, ho sfiorato il guard-rail per un soffio e rischiato di carambolare sull’AUDI che procedeva alla mia sinistra in corsia di sorpasso, a causa del messaggio pubblicitario visto sul furgone di un’agenzia di pompe funebri. Ero così rapita dal contenuto che ho realizzato troppo tardi che sarebbe stato utile – quanto meno ai fini documentaristici – scattare una foto al volo (lo so benissimo che non si dovrebbe…) per poter fare un’analisi a posteriori della strategia comunicativa, che a mio parere parte da un concetto fondamentale: morire non è più un lusso per pochi, adesso tutti possiamo permetterci  di farlo perché è arrivato “L’Outlet del Funerale”.
La scelta del naming non è casuale, perché riassume come da manuale la “mission” aziendale: un brand che ti consente di seppellire i tuoi cari (si chiameranno così perchè costano?) a prezzi d’occasione e senza sorprese che possono farti sforare il budget. Sì, perché se di questi tempi il nonno ultranovantenne che faticava a campare con la pensione di 500 euro al mese decide di passare a miglior vita, accompagnarlo nell’ultimo viaggio può costare una cifra che l’italiano medio, ora come ora, fatica a mettere insieme con lo stipendio di 3 mesi. 
Ed ecco quindi l’intuizione di business: il funerale low cost a pacchetto, da scegliere in base alle proprie esigenze come l’abbonamento della palestra - basic, medium o premium – come strillato a lettere cubitali dalle fiancate del furgone che ha rischiato di farmi quasi ammazzare.
Ci tengo a precisare una cosa: non mi interessa farne un discorso etico o morale - anche perché di argomenti da commentare in tal senso ne avrei ben altri - ma questa realtà ha scatenato in me tutta una serie di elucubrazioni e proiezioni di quello che potrebbe potenzialmente svilupparsi su questa scia, in tempi di ricerca forsennata di contesti produttivi o ancora in crescita, che potrebbero dare nuova linfa a un mercato del lavoro in stagnazione, magari aiutati da incentivi statali posti in essere dal governo di turno. Le possibilità sono davvero infinite, io ne ho immaginate alcune.
Il nascere di nuove catene di discount? Franchising organizzati che si spartiscono il territorio in base alla percentuale di ottuagenari prossimi all’estremo saluto, piuttosto che aree inquinate dove la permanenza media in questo mondo è limitata? 
E come gestiremo l’offerta commerciale per  far fronte alla libera concorrenza? Operazioni Sottocosto (offerta limitata per i primi 100 defunti)? Rottamazione (portaci una vecchia lapide, te la valutiamo 100 Euro!)? 3x2 (sotterra madre e padre, se ti muore uno zio il suo funerale è gratis)?
Perché una cosa è certa, questo è un mercato che non si esaurisce, la domanda rimarrà costante e si tratterà soltanto di trovare nuove formule per affermarsi e battere la concorrenza, guadagnando quote che consentano di supplire alla riduzione della marginalità, come ci insegna il capitalismo globale.

Un solo dubbio mi rimane, legato all’idea fissa che mi tormenta da un po’ di tempo a questa parte, cioè che il nuovo concetto di sharing economy soppianterà in tempi nemmeno troppo lunghi l’attuale  modello economico. Quando questo avverrà, l’Outlet del Funerale sarà abbastanza smart da cogliere l’opportunità e proporre il funerale di gruppo, con l'acquisto dei loculi in multiproprietà?
Ripensandoci questa idea me la tengo per me , potrei averne bisogno in futuro per sviluppare una promozione vincente da iscrivere al Grand Prix della Pubblicità.

mercoledì 21 maggio 2014

Il potere occulto della Nutella

Ci sono molte cose che possono farti cadere in tentazione e cancellare in meno di un nanosecondo mesi di sofferenze imposte da una dieta che nemmeno Pannella riuscirebbe a sostenere: mezzo chilo di sushi trangugiato a pranzo pensando che non abbia calorie, il banco del bistrot dove la collega (bastarda) ti ha trascinato il venerdì pomeriggio per l'happy hour, gli spaghetti alla chitarra della suocera la domenica dopo che hai dormito fino a mezzogiorno…Una però è davvero diabolica e a mio parere andrebbe classificata come sostanza stupefacente, al pari della cannabis o dei funghi peyote. Sono arrivata a questa conclusione non tanto dopo anni di consumo (moderato, genere “smetto quando voglio”), ma dopo aver tentato più volte ed inutilmente di fabbricarla in casa. Adesso mi spiego.
Anche quest’anno a Pasqua è arrivato in dono dalla grande concessionaria un mega-uovo di cioccolata, un evento sempre festeggiato con grande entusiasmo dall’intera famiglia perché rassicura che potremo anche morire di fame, ma lo faremo avendo tutte le endorfine cariche fino all’ultimo giorno.
Ora, per quanto ti possa piacere il cioccolato, mangiarne 5 kg prima che inacidisca non è un’impresa semplice per nessuno, perciò ogni anno, nei mesi immediatamente seguenti all'arrivo dell'uovo, la cucina è tutta un profumo che si sprigiona da forno e fornelli, grazie alla produzione in serie di torte al cioccolato di diversa esecuzione, mousse e budini, fino anche solo al cioccolato sciolto per accompagnare la fonduta di frutta. Quest’anno, per cambiare, mi è venuta la malsana idea di proporre ad Amy 2.0 (la bambina più onnivora di tutto l'universo criato, come direbbe il grande Camilleri) “proviamo a fare la Nutella?” Domanda idiota, perché Amy 2.0 è una specie di squalo che divora ogni genere commestibile, con pochissime esclusioni, e nemmeno il tempo di aspettare la risposta aveva già fra le mani la scatola contenente i resti dell’uovo, dopo che questi era stato preso a martellate per cavarne la sorpresa. Il passo successivo è stato documentarsi fra i blog di cucina: ho trovato un miliardo di ricette e fra queste ho selezionato quelle di più semplice esecuzione, poi come sempre le ho mischiate fra loro tirandone fuori una versione “jo-style” e mi sono messa all’opera. Tempo di preparazione relativamente breve, il prodotto finale però era una buonissima crema al cioccolato (molto cioccolato, forse troppo), che però non aveva nulla a che vedere con l’originale.
Ovviamente nell’arco di 3 giorni non ne era rimasto nemmeno un grammo, manco fossero passate le cavallette, e siccome Amy 2.0 ci ha preso gusto ("è MOOLTO più buona questa!”), nelle ultime 3 settimane l’ho rifatta almeno 5 volte, variando ogni volta le proporzioni degli ingredienti. Una volta meno cioccolato, una volta più nocciole, più latte, un pò meno olio, con lo zucchero semolato, no meglio quello vanigliato…ho perfino cambiato strumento, passando dal mixer grande, attraverso il frullatore, fino al mixer fine…
Conclusione: come narco-chef non valgo niente, non c’è verso di arrivare a quel sapore e quella consistenza che ti fa sbavare come un bobtail cui passano il barattolo sotto il naso. Perchè la Nutella ha un che di mistico, capace di farti passare dal paradiso all'inferno in quel breve lasso di tempo che passa fra lo stato di estasi olfattivo-gustativo più totale e il momento in cui ti accorgi di averne mangiato 10 cucchiai da minestra e il bruciore alla lingua si fa strada inesorabile.
Da qui una serie di considerazioni:
1 che cavolo c'è in quel barattolo oltre agli ingredienti dichiarati sull'etichetta?
2 come mai a nessuno è mai  venuto in mente di chiedere la IGP?
3 come mai non è ancora stata dichiarata illegale (storicamente tutto quello che provoca piacere lo è)?

Mi rendo conto che questo è un post di assoluta inutilità, ma mi piacerebbe sapere se questi dubbi ce li ho solo io o se li è posti qualcun altro.
Dopodichè sono altrettanto consapevole che queste domande resteranno senza  risposta e che il segreto della Nutella rimarrà inviolato in eterno come il terzo mistero di Fatima.

lunedì 2 settembre 2013

Della schiavitù dello stirare

Ho letto su un libro una frase epica: la vita è troppo breve per mettersi a stirare.
E con questo per oggi mi congedo.