Sabato mattina Romano, il mio panettiere, aveva un cartello
appeso in vetrina:
“1 lit di latte in omaggio con l’acquisto di 1 Kg di pane
speciale”.
Stamattina ho aperto gli occhi e questo è stato il primo
pensiero che mi è passato per la testa. Sarà che ero più dolorante del solito,
con questa maledetta cervicale che mi perseguita e la consapevolezza che l’appuntamento
dall’osteopata ancora una volta è stato rimandato perché c’è sempre qualcosa di
più urgente che si sovrappone (la festa di fine anno della scuola, una riunione
improvvisa, la convocazione di un’assemblea straordinaria per le scuole medie
del prossimo anno…). Comunque, mi sono svegliata e – con il pensiero del
cartello di Romano in testa - ho sorriso subito dopo aver aperto gli occhi,
mentre una piacevole sensazione positiva si allargava fino a solleticarmi le
dita dei piedi. Non c’era nulla di diverso dagli altri giorni, ma la luce che
filtrava dalle imposte, le voci che arrivavano dalla cucina insieme all’odore
del caffè, il gatto che miagolava davanti alla porta della camera da letto perché
voleva entrare, mi hanno fatto pensare qualcosa che dovrei pensare più spesso,
cioè che ho tutto quello di cui ho bisogno e che mi complico la vita alla
ricerca di formule che mi possano garantire felicità. E’ tutto lì, nel cartello
della promozione di Romano.
Mi sono svegliata filosofa-tantrica? Non credo proprio
vedendo quanto ancora riesco ad incazzarmi per un nonnulla, ma mi rendo conto di
come tutto quello che fino a ieri aveva costituito la mia vita professionale (e
quindi di riflesso quella privata) fissando punti di riferimento, convinzioni e
certezze, si stia sgretolando ogni giorno di più, lasciando entrare la luce
della consapevolezza che questo non sia per niente un momento negativo, ma il
principio di una nuova e migliore fase della mia vita. E magari una vita
lavorativa, per intenderci, dove non sprechi un terzo delle tue giornate giustificando
e dando un senso ad attività promozionali che tu non avresti mai deciso, che di
senso non ne hanno e che – soprattutto – sai già che falliranno e quindi il tuo
compito diventa quello di metterci più
di una pezza, tamponando le falle dove si aprono, confrontandoti con cervelli
che, a livello di sviluppo, non sono un dito oltre lo stadio embrionale e che,
proprio per questa ragione, occupano ruoli strategici da cosiddetti “decision
maker” dall’apparente importante incarico di #creare burocrazia laddove non serve e #complicare processi di una semplicità basilare.
Perché, diciamocelo pure, la più grande invenzione di
marketing è il marketing stesso, che ci ha fatto credere e fa credere ancora
che per vendere un prodotto serva la conoscenza strategica di elementi di
antropologia, economia internazionale, alta finanza e tecniche di negoziazione,
il tutto condito da un glossario di termini inglesi (possibilmente acronimi) di
cui i più ignorano completamente il significato (io stessa dopo 25 anni ancora
non sono certa di cosa sia davvero un grp)
ed avvalorato da altisonanti titoli accademici presi a suon di migliaia di euro
per ogni anno di iscrizione: conosco giovani colleghi sui quali i genitori hanno
investito cifre che definirei “considerevoli” per farne dei novelli marketing manager, che probabilmente sarebbero
bastate a sfamare i bambini del Burkina Faso fino alla fine del nuovo secolo.
Il che, a mio dire, si sarebbe rivelato un investimento più intelligente ed
oculato, visti i risultati scarsi e la totale incapacità dell’uso puntuale del
congiuntivo da parte di queste creaturine stereotipate.
Stamattina, nella penombra della mia camera, sorridevo
immaginando Romano - 120 Kg d’uomo dal passo lento, che quando non panifica
gira per il paese in cerca di immagini da fermare con la sua Leica appesa al
collo – convocare la sorella ed il congolese che lo aiutano al forno per una riunione
strategica sul business plan del prossimo trimestre e discutere – dati oggettivi
e ricerche di mercato alla mano – le azioni da intraprendere per favorire una
rotazione più rapida delle pagnotte multicereali rispetto al pane comune, i
canali sui quali attivarle, il periodo interessato e l’incidenza del costo
relativo sul marginal profit del totale product mix…
Magari sabato, quando torno a prendere la mia scorta di
michette, provo a chiedergli se ha voglia di condividere quanto ha stimato di ROI (significa Return on Investment, non fate finta di saperlo).
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