mercoledì 4 giugno 2014

A lezione di marketing dal mio panettiere

Sabato mattina Romano, il mio panettiere, aveva un cartello appeso in vetrina: 
“1 lit di latte in omaggio con l’acquisto di 1 Kg di pane speciale”.
Stamattina ho aperto gli occhi e questo è stato il primo pensiero che mi è passato per la testa. Sarà che ero più dolorante del solito, con questa maledetta cervicale che mi perseguita e la consapevolezza che l’appuntamento dall’osteopata ancora una volta è stato rimandato perché c’è sempre qualcosa di più urgente che si sovrappone (la festa di fine anno della scuola, una riunione improvvisa, la convocazione di un’assemblea straordinaria per le scuole medie del prossimo anno…). Comunque, mi sono svegliata e – con il pensiero del cartello di Romano in testa - ho sorriso subito dopo aver aperto gli occhi, mentre una piacevole sensazione positiva si allargava fino a solleticarmi le dita dei piedi. Non c’era nulla di diverso dagli altri giorni, ma la luce che filtrava dalle imposte, le voci che arrivavano dalla cucina insieme all’odore del caffè, il gatto che miagolava davanti alla porta della camera da letto perché voleva entrare, mi hanno fatto pensare qualcosa che dovrei pensare più spesso, cioè che ho tutto quello di cui ho bisogno e che mi complico la vita alla ricerca di formule che mi possano garantire felicità. E’ tutto lì, nel cartello della promozione di Romano.

Mi sono svegliata filosofa-tantrica? Non credo proprio vedendo quanto ancora riesco ad incazzarmi per un nonnulla, ma mi rendo conto di come tutto quello che fino a ieri aveva costituito la mia vita professionale (e quindi di riflesso quella privata) fissando punti di riferimento, convinzioni e certezze, si stia sgretolando ogni giorno di più, lasciando entrare la luce della consapevolezza che questo non sia per niente un momento negativo, ma il principio di una nuova e migliore fase della mia vita. E magari una vita lavorativa, per intenderci, dove non sprechi un terzo delle tue giornate giustificando e dando un senso ad attività promozionali che tu non avresti mai deciso, che di senso non ne hanno e che – soprattutto – sai già che falliranno e quindi il tuo compito diventa  quello di metterci più di una pezza, tamponando le falle dove si aprono, confrontandoti con cervelli che, a livello di sviluppo, non sono un dito oltre lo stadio embrionale e che, proprio per questa ragione, occupano ruoli strategici da cosiddetti “decision maker” dall’apparente importante incarico di #creare burocrazia laddove non serve e #complicare processi di una semplicità basilare.
Perché, diciamocelo pure, la più grande invenzione di marketing è il marketing stesso, che ci ha fatto credere e fa credere ancora che per vendere un prodotto serva la conoscenza strategica di elementi di antropologia, economia internazionale, alta finanza e tecniche di negoziazione, il tutto condito da un glossario di termini inglesi (possibilmente acronimi) di cui i più ignorano completamente il significato (io stessa dopo 25 anni ancora non sono certa di cosa sia davvero un grp) ed avvalorato da altisonanti titoli accademici presi a suon di migliaia di euro per ogni anno di iscrizione: conosco giovani colleghi sui quali i genitori hanno investito cifre che definirei “considerevoli” per farne dei novelli marketing manager, che probabilmente sarebbero bastate a sfamare i bambini del Burkina Faso fino alla fine del nuovo secolo. Il che, a mio dire, si sarebbe rivelato un investimento più intelligente ed oculato, visti i risultati scarsi e la totale incapacità dell’uso puntuale del congiuntivo da parte di queste creaturine stereotipate.

Stamattina, nella penombra della mia camera, sorridevo immaginando Romano - 120 Kg d’uomo dal passo lento, che quando non panifica gira per il paese in cerca di immagini da fermare con la sua Leica appesa al collo – convocare la sorella ed il congolese che lo aiutano al forno per una riunione strategica sul business plan del prossimo trimestre e discutere – dati oggettivi e ricerche di mercato alla mano – le azioni da intraprendere per favorire una rotazione più rapida delle pagnotte multicereali rispetto al pane comune, i canali sui quali attivarle, il periodo interessato e l’incidenza del costo relativo sul marginal profit del totale product mix…
Magari sabato, quando torno a prendere la mia scorta di michette, provo a chiedergli se ha voglia di condividere quanto ha stimato di ROI (significa Return on Investment, non fate finta di saperlo).

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