mercoledì 25 giugno 2014

Piccoli patrioti tifosi

"Sono troppo arrabbiata mamma, non ci posso credere, non può essere finita!"
Guardo incredula Amy 2.0 - flessuosa ginnasta pre-adolescente, sinora interessata solo dalle evoluzioni di Carlotta Ferlito - accendersi ed accalorarsi per la sconfitta dell'Italia, pettinata dall'Uruguay in una delle partite più brutte di sempre, che di fatto mette fine ad ogni sogno di portarsi a casa una nuova versione della Coppa del Mondo.
Mentre io godevo di una sauna gratuita offerta dalla Stirella in azione su pigna di capi da stirare pari al guardaroba dell'intera delegazione italiana in Brasile, lei seguiva la partita stravaccata sul divano, con una postura scomposta ed un repertorio di vocaboli e gestualità degni del più navigato degli hooligan, tanto che non mi sarei stupita se nell'intervallo si fosse alzata per prendere una birra dal frigo e se la fosse trangugiata in un fiato, con rutto libero a seguire.
"Non si può andare a casa così! Ti rendi conto? Mandati a casa dall'Uruguay"
"Cos'ha l'Uruguay di strano?"
"Non è mica il Brasile"
"Ma nemmeno la squadra dell'oratorio"
"Si vede che non capisci di calcio"
"E tu da quando ne capisci?"

Mi chiedevo dove e quando avesse maturato una tale competenza calcistica ed un tale attaccamento, che fino a quel momento mi erano totalmente sconosciuti. Verosimilmente poche settimane di oratorio feriale l'avevano immersa nell'esperienza del tifo collettivo con relative discussioni pre e post partita di rito e da qui la necessità di disporre di adeguate credenziali d'accesso al gruppo per poterne fare parte e dire la propria. Poi però deve essere scattato qualcosa che ha portato l'esperienza ad un altro livello, il coinvolgimento strumentale è diventato passione e, senza alcuno stimolo da parte nostra, ha generato incredibilmente senso di appartenenza, fierezza ed orgoglio.
Mi stavo quasi commuovendo, ammirando lo spirito patriottico che non avevo mai visto prima in lei, cercavo di sminuire perchè la sua insoddisfazione montava e volevo evitare di che germogliasse in lei un piccolo Biscardi prima ancora di aver raggiunto l'età della ragione.
"Non esagerare ora, ne stai facendo una tragedia, è un gioco e non sarà nemmeno l'ultima occasione che avrai di vederne uno"
"Tu non hai capito. Questa è la prima volta che posso seguire i Mondiali, l'Italia che gioca per vincere contro le altre nazioni, far vedere che siamo i più bravi...anche quattro anni fa  c'erano i Mondiali, ma io ero piccola, non potevo parlarne perchè non capivo bene. Questo, mamma, è il mio primo Mondiale consapevole".

Non avevo considerato i Mondiali da un punto di vista formativo patriottico.
Che dire, può più il pallone che la Costituzione...

giovedì 12 giugno 2014

Morire (adesso) conviene

Si fa un bel dire che la pubblicità dinamica non funziona più. 
Stamattina ho rischiato di stamparmi in tangenziale, ho sfiorato il guard-rail per un soffio e rischiato di carambolare sull’AUDI che procedeva alla mia sinistra in corsia di sorpasso, a causa del messaggio pubblicitario visto sul furgone di un’agenzia di pompe funebri. Ero così rapita dal contenuto che ho realizzato troppo tardi che sarebbe stato utile – quanto meno ai fini documentaristici – scattare una foto al volo (lo so benissimo che non si dovrebbe…) per poter fare un’analisi a posteriori della strategia comunicativa, che a mio parere parte da un concetto fondamentale: morire non è più un lusso per pochi, adesso tutti possiamo permetterci  di farlo perché è arrivato “L’Outlet del Funerale”.
La scelta del naming non è casuale, perché riassume come da manuale la “mission” aziendale: un brand che ti consente di seppellire i tuoi cari (si chiameranno così perchè costano?) a prezzi d’occasione e senza sorprese che possono farti sforare il budget. Sì, perché se di questi tempi il nonno ultranovantenne che faticava a campare con la pensione di 500 euro al mese decide di passare a miglior vita, accompagnarlo nell’ultimo viaggio può costare una cifra che l’italiano medio, ora come ora, fatica a mettere insieme con lo stipendio di 3 mesi. 
Ed ecco quindi l’intuizione di business: il funerale low cost a pacchetto, da scegliere in base alle proprie esigenze come l’abbonamento della palestra - basic, medium o premium – come strillato a lettere cubitali dalle fiancate del furgone che ha rischiato di farmi quasi ammazzare.
Ci tengo a precisare una cosa: non mi interessa farne un discorso etico o morale - anche perché di argomenti da commentare in tal senso ne avrei ben altri - ma questa realtà ha scatenato in me tutta una serie di elucubrazioni e proiezioni di quello che potrebbe potenzialmente svilupparsi su questa scia, in tempi di ricerca forsennata di contesti produttivi o ancora in crescita, che potrebbero dare nuova linfa a un mercato del lavoro in stagnazione, magari aiutati da incentivi statali posti in essere dal governo di turno. Le possibilità sono davvero infinite, io ne ho immaginate alcune.
Il nascere di nuove catene di discount? Franchising organizzati che si spartiscono il territorio in base alla percentuale di ottuagenari prossimi all’estremo saluto, piuttosto che aree inquinate dove la permanenza media in questo mondo è limitata? 
E come gestiremo l’offerta commerciale per  far fronte alla libera concorrenza? Operazioni Sottocosto (offerta limitata per i primi 100 defunti)? Rottamazione (portaci una vecchia lapide, te la valutiamo 100 Euro!)? 3x2 (sotterra madre e padre, se ti muore uno zio il suo funerale è gratis)?
Perché una cosa è certa, questo è un mercato che non si esaurisce, la domanda rimarrà costante e si tratterà soltanto di trovare nuove formule per affermarsi e battere la concorrenza, guadagnando quote che consentano di supplire alla riduzione della marginalità, come ci insegna il capitalismo globale.

Un solo dubbio mi rimane, legato all’idea fissa che mi tormenta da un po’ di tempo a questa parte, cioè che il nuovo concetto di sharing economy soppianterà in tempi nemmeno troppo lunghi l’attuale  modello economico. Quando questo avverrà, l’Outlet del Funerale sarà abbastanza smart da cogliere l’opportunità e proporre il funerale di gruppo, con l'acquisto dei loculi in multiproprietà?
Ripensandoci questa idea me la tengo per me , potrei averne bisogno in futuro per sviluppare una promozione vincente da iscrivere al Grand Prix della Pubblicità.

mercoledì 4 giugno 2014

A lezione di marketing dal mio panettiere

Sabato mattina Romano, il mio panettiere, aveva un cartello appeso in vetrina: 
“1 lit di latte in omaggio con l’acquisto di 1 Kg di pane speciale”.
Stamattina ho aperto gli occhi e questo è stato il primo pensiero che mi è passato per la testa. Sarà che ero più dolorante del solito, con questa maledetta cervicale che mi perseguita e la consapevolezza che l’appuntamento dall’osteopata ancora una volta è stato rimandato perché c’è sempre qualcosa di più urgente che si sovrappone (la festa di fine anno della scuola, una riunione improvvisa, la convocazione di un’assemblea straordinaria per le scuole medie del prossimo anno…). Comunque, mi sono svegliata e – con il pensiero del cartello di Romano in testa - ho sorriso subito dopo aver aperto gli occhi, mentre una piacevole sensazione positiva si allargava fino a solleticarmi le dita dei piedi. Non c’era nulla di diverso dagli altri giorni, ma la luce che filtrava dalle imposte, le voci che arrivavano dalla cucina insieme all’odore del caffè, il gatto che miagolava davanti alla porta della camera da letto perché voleva entrare, mi hanno fatto pensare qualcosa che dovrei pensare più spesso, cioè che ho tutto quello di cui ho bisogno e che mi complico la vita alla ricerca di formule che mi possano garantire felicità. E’ tutto lì, nel cartello della promozione di Romano.

Mi sono svegliata filosofa-tantrica? Non credo proprio vedendo quanto ancora riesco ad incazzarmi per un nonnulla, ma mi rendo conto di come tutto quello che fino a ieri aveva costituito la mia vita professionale (e quindi di riflesso quella privata) fissando punti di riferimento, convinzioni e certezze, si stia sgretolando ogni giorno di più, lasciando entrare la luce della consapevolezza che questo non sia per niente un momento negativo, ma il principio di una nuova e migliore fase della mia vita. E magari una vita lavorativa, per intenderci, dove non sprechi un terzo delle tue giornate giustificando e dando un senso ad attività promozionali che tu non avresti mai deciso, che di senso non ne hanno e che – soprattutto – sai già che falliranno e quindi il tuo compito diventa  quello di metterci più di una pezza, tamponando le falle dove si aprono, confrontandoti con cervelli che, a livello di sviluppo, non sono un dito oltre lo stadio embrionale e che, proprio per questa ragione, occupano ruoli strategici da cosiddetti “decision maker” dall’apparente importante incarico di #creare burocrazia laddove non serve e #complicare processi di una semplicità basilare.
Perché, diciamocelo pure, la più grande invenzione di marketing è il marketing stesso, che ci ha fatto credere e fa credere ancora che per vendere un prodotto serva la conoscenza strategica di elementi di antropologia, economia internazionale, alta finanza e tecniche di negoziazione, il tutto condito da un glossario di termini inglesi (possibilmente acronimi) di cui i più ignorano completamente il significato (io stessa dopo 25 anni ancora non sono certa di cosa sia davvero un grp) ed avvalorato da altisonanti titoli accademici presi a suon di migliaia di euro per ogni anno di iscrizione: conosco giovani colleghi sui quali i genitori hanno investito cifre che definirei “considerevoli” per farne dei novelli marketing manager, che probabilmente sarebbero bastate a sfamare i bambini del Burkina Faso fino alla fine del nuovo secolo. Il che, a mio dire, si sarebbe rivelato un investimento più intelligente ed oculato, visti i risultati scarsi e la totale incapacità dell’uso puntuale del congiuntivo da parte di queste creaturine stereotipate.

Stamattina, nella penombra della mia camera, sorridevo immaginando Romano - 120 Kg d’uomo dal passo lento, che quando non panifica gira per il paese in cerca di immagini da fermare con la sua Leica appesa al collo – convocare la sorella ed il congolese che lo aiutano al forno per una riunione strategica sul business plan del prossimo trimestre e discutere – dati oggettivi e ricerche di mercato alla mano – le azioni da intraprendere per favorire una rotazione più rapida delle pagnotte multicereali rispetto al pane comune, i canali sui quali attivarle, il periodo interessato e l’incidenza del costo relativo sul marginal profit del totale product mix…
Magari sabato, quando torno a prendere la mia scorta di michette, provo a chiedergli se ha voglia di condividere quanto ha stimato di ROI (significa Return on Investment, non fate finta di saperlo).